Guido Olimpio, giornalista del Corriere della Sera, in questo articolo pubblicato sulla propria pagina FB, si esprime sul rischio che le armi fornite dai paesi occidentali all’Ucraina prendano la strada del mercato nero ed illegale:
quanto valgono le armi inviate in Ucraina?
Gli alleati occidentali hanno inviato in Ucraina oltre 10 miliardi di euro in aiuti militari dall’inizio del conflitto: soltanto gli Stati Uniti hanno stanziato 8 miliardi fra Javelin, Stinger, Himars, droni, elicotteri e centinaia di migliaia di munizioni. Ora però i Paesi fornitori chiedono a Kiev di garantire un sistema di tracciamento delle attrezzature, rivela il Financial Times, o quantomeno di fornire un inventario delle armi arrivate sul campo di battaglia: il timore è che gruppi criminali possano portarle fuori dall’Ucraina e venderle di contrabbando sul mercato europeo. “Quando cesserà il fuoco, arriveranno le armi illegali”, aveva avvertito a giugno Jürgen Stock, il capo dell’Interpol, l’agenzia che facilità lo scambio di informazioni fra le forze di polizia dei vari.
Quali sono i rischi concreti?
Anche l’Europol, che coordina la lotta internazionale alle organizzazioni criminali, ha confermato la minaccia. “L’aggressione russa ha portato alla proliferazione di armi ed esplosivi in Ucraina”, ha spiegato l’agenzia di polizia europea in una nota ai governi. “All’inizio i funzionari ucraini mantenevano un registro delle armi fornite ai civili, ma questa pratica è stata abbandonata e, con il proseguo della guerra, sono state distribuite senza mantenere un archivio”. Ora il governo ucraino ha accettato però di fornire un sistema di tracciamento con l’aiuto degli alleati occidentali, per mantenere una visuale delle spedizioni: il controllo sarà affidato all’Eu Support Hub, appena lanciato in Moldavia perché – ha spiegato il capo a interim di Frontex Aija Kalnaja – “è qui che si concentra l’attività di contrabbando”.
Al momento, i pallet con le armi atterrano in Polonia, nella base di Rzeszow, e vengono trasferiti al confine ucraino, dove sono suddivisi in “pacchetti” più piccoli per attraversare la frontiera e raggiungere la destinazione finale a bordo di camion, furgoni e persino auto private che impediscono ai russi di intercettare i carichi. “Da lì in poi abbiamo un vuoto”, ha spiegato una fonte europea al Financial Times. “Non conosciamo la posizione, non sappiamo dove vanno, dove vengono usate e neanche se restano nel Paese”. La possibilità che quelle spedizioni finiscano nelle mani sbagliate non va esclusa. “Gli Stati Uniti si impegnano per proteggere le tecnologie di difesa di origine americana ed evitare che vengano dirottate in modo illecito”, ha affermato a Bruxelles la sottosegretaria americana Bonnie Denise Jenkins, deputata al controllo delle armi. “Abbiamo fiducia nell’impegno preso dal governo ucraino di proteggerle”.

La risposta di Kiev
Secondo il consigliere della Difesa ucraina Yuriy Sak, ogni movimento delle armi all’interno o fuori dal Paese – nel caso sia per esempio necessaria una riparazione – è monitorato con attenzione da Kiev e dai partner internazionali. “Che l’Ucraina sia diventata un hub del contrabbando di armi non corrisponde alla realtà”, afferma Sak, per il quale chi lo sostiene “potrebbe essere parte della guerra d’informazione russa per scoraggiare i partner internazionali”. Tuttavia, sostiene la ministra della Difesa ceca Jana Černochová, è difficile evitare il traffico illegale di armi o il contrabbando. “Non ci siamo riusciti nell’ex Jugoslavia, e probabilmente non ce la faremo neanche in Ucraina”, ha spiegato nel weekend aggiungendo che, nonostante l’impegno dei “donatori”, è impossibile seguire ogni singola attrezzatura.
È un rischio su cui si gioca anche una pericolosa battaglia di propaganda, come dimostra la storia di Victoria Spartz, prima deputata americana nata in Ucraina o in una ex repubblica sovietica, passata dall’essere un simbolo di impegno del Congresso all’inizio dell’operazione militare “speciale” alle accuse di diffondere disinformazione russa. La rappresentate repubblicana – e trumpiana – dell’Indiana, fra i primi a denunciare i crimini di guerra russi e ha recarsi in Ucraina ad aprile, ha chiesto al presidente Biden di informare il parlamento americano su Andriy Yermak, capo dello staff di Zelensky considerato la seconda persona più importante del Paese, che Spartz accusa di corruzione e di aver sabotato alcune riforme per fare gli interessi del Cremlino.
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