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R.I.P (1972) e “La Pianura Rossa” (2022)

R.I.P (1972) e “La Pianura Rossa” (2022), le due grandi battaglie del Banco del Mutuo Soccorso. Lettura comparata delle due epiche composizioni antimilitariste, separate da mezzo secolo di musica:

Una storia coerente

Dal Salvadanaio di terracotta alla Luna a forma di salvadanaio. Una storia coerente, quella del Banco del Mutuo Soccorso, lunga più di mezzo secolo. L’ultimo lavoro della band romana capitanata da Vittorio Nocenzi, “Orlando: le forme dell’amore” chiude un ciclo ideale iniziato esattamente cinquant’anni prima con il disco eponimo, da tutti conosciuto con il soprannome di “Salvadanaio”.

Quella frase, “Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo” nell’incipit del primo disco, vera pietra miliare della musica non soltanto italiana e non soltanto rock, si sviluppa oggi in un doppio concept album (amo considerare “ufficiale”, anche se così non è, il formato LP in vinile) intorno all’opera di Ariosto. Già evocato e poi carsicamente lasciato scorrere “sotterraneo” in tutti i solchi del lavoro primigenio. Ma a colpire in particolare, ad un riascolto comparato di entrambe le opere, è il tema della guerra ben presente con due composizioni magistrali: R.I.P nel 1972, La Pianura Rossa nel 2022.

Vittorio Nocenzi, nelle ultime interviste, ha sottolineato come ritornare sull’opera di Ariosto rappresenti “la scelta dell’arte come confronto, della poesia e della musica come offerta di pacificazione”, in coerenza “con il pensiero del Banco del Mutuo Soccorso, da sempre pacifista ed antimilitarista”.

guerra e compassione

Ma come si sviluppano le battaglie descritte nei due brani? Musicalmente la concitazione del combattimento è resa alla perfezione in entrambi. Il riff iniziale di R.I.P. è da antologia.

Il requiem finale dipinge con rara efficacia musicale e testuale lo scenario apocalittico di un campo dopo la battaglia, con il protagonista, il “vecchio soldato” caduto “con lo sguardo appeso al cielo” cantato con una humana pietas intrisa di laicissima spiritualità.

La parte dell’invettiva antimilitarista era limitata, si fa per dire, al verso “Su cumuli di carni morte hai retto la tua gloria, ma il sangue che hai versato su te è ricaduto. La tua guerra è finita, vecchio soldato”. L’essere stato ripagato della stessa moneta, con la vita, si fa espiazione, e ora anche lui può riposare in pace (R.I.P, appunto).

I riflettori sono sulla vicenda della battaglia in cui l’individuo viene sconfitto, e la sua fine è descritta con il sole negli occhi del soldato morto e un pugnale nel suo petto.


Non è dato sapere chi dei due eserciti abbia vinto lo scontro. Ha perso l’umanità, questo è certo.


La tragedia della guerra è denunciata non con toni retorici da comizio ma a livelli letterari altissimi, con sguardi e parole densi di compassione e di attenzione alla tragedia individuale del protagonista.

la pianura rossa

In “La Pianura Rossa” cambiano completamente scenario e punto visuale, mentre è del tutto assente la consolazione della pietas rivolta ai caduti. Al suo posto, il cinismo guicciardiniano del Mago Atlante, che spiega compiaciuto che la guerra ci sarà sempre. Può cambiare “il pretesto”, ma le battaglie continueranno. E a lui “diverte così”.

Atlante, nell’Orlando del Banco, è un’evidente metafora dei poteri che muovono e reggono le sorti della geopolitica mondiale e che, se tenessimo gli occhi aperti, dovrebbero essere ben evidenti nell’attuale fase storica.

La battaglia descritta in La Pianura Rossa avviene in un futuro distopico, tra occidentali e saraceni in un Mediterraneo prosciugato, per la conquista degli ultimi pozzi d’acqua potabile. La descrizione non si lascia andare a colori sanguinosi, preferendo i tamburi di guerra e le grida di battaglia delle due parti. Significativo l’uso, anche in questo caso, della parola “gloria”.

Ma mentre in R.I.P. la “gloria” era rinfacciata al vecchio soldato caduto, qui diventa un grido di trionfo (“La gloria è nostra, giusto così”) dei saraceni vittoriosi. E la pietas del Requiem è sostituita dal cinismo di Atlante:

Atlante

Niente di nuovo vedo
appeso sotto al cielo. Acqua, petrolio
Non importa
Io sono Atlante, io
E ho visto tutto com’è
Il sale, l’uranio
Cosa cambia? Eh
È un gioco sempre uguale
E mi diverte così
È come è stato sempre
Quello che cambia è il pretesto

Cos’è cambiato, in questi cinquant’anni?

Purtroppo niente in sostanza, a quanto pare. E il Banco del Mutuo Soccorso sembra ricordarcelo in questo modo. Non è cambiata, per fortuna, nemmeno la denuncia affidata all’arte. Oggi le due grandi battaglie del Banco sono complementari, nella descrizione artistica dell’orrore bellico.

L’individuo sconfitto malgrado un esercito canti vittoria resta sempre uguale anche se il pretesto e i tempi cambiano. La disillusione obbliga all’evidenza del cinismo dove ieri si sceglieva la descrizione della pietà.

Non certo per avervi rinunciato, ma per raccontare con toni ancor più forti di non aver rinunciato alla funzione dell’arte come denuncia civile di quell’atrocità chiamata guerra.


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La Pianura Rossa
AVOLON
Associazione Volontari & Obiettori Nonviolenti

3 commenti su “R.I.P (1972) e “La Pianura Rossa” (2022)”

  1. Ci sono più sostanze negli uomini. Una è votata alla distruzione costi quel che costi, in un cinico calcolo di probabilità di stare meglio nella distruzione generale.
    Altra sostanza è non comprendere né adesso, né mai l’utilità di un mezzo come la guerra che aiuta soltanto alla deflagrazione traumatica di energie, come se fossero prive di vita.

    1. Per fortuna non sono le uniche sostanze che definiscono l’essere umano, anche se spesso, troppo spesso, prendono il sopravvento. Grazie per il tuo commento!

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