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IL FINE NON GIUSTIFICA I MEZZI

fine non giustifica mezzi
Statua di Mahatma Ghandi, Unsplash

Il fine non giustifica i mezzi. È Gandhi che l’ha detto in modo esplicito: «Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto».

Guerra e politica

Molti esponenti politici, complice forse la non entusiasmante performance elettorale, si sono in questi giorni accorti che una guerra insanguina l’Europa, e che molti cittadini, europei ed italiani, fanno molto fatica e provano un forte disagio nel doversi schierare acriticamente a favore dell’uso delle armi.

La risposta del ceto politico nostrano è di quelle classiche: piantare la bandierina con il proprio logo.

Va riconosciuto che alcuni di loro mantengono una coerenza di fondo: si erano messi l’elmetto a febbraio e se lo tengono ben calcato in testa, o meglio lo tengono ben calcato sulla testa dei poveri cristi che, ucraini e russi, muoiono ammazzati sui due lati del fronte.

tifo e schieramenti

Noi tutti avremo avuto occasione di incappare in questo genere di persone: schierati senza se e senza ma per uno due contendenti, attenti misuratori dei chilometri quadrati “liberati” o “conquistati”, pronti ad andare in sollucchero per le performance di un nuovo sistema d’arma utilizzato per la squadra per cui fanno il tifo, ma soprattutto disinvolti nell’affibbiare titoli dispregiativi a chi non la pensa allo stesso modo: pacifinti, putiniani, naziyankee… e potremmo continuare.

Il loro approccio alla tragedia ucraina è ben riassunta in alcune strofe della canzone “O Gorizia”, in cui un fante della prima guerra mondiale descrive gli interventisti che avviarono quel macello:

“O vigliacchi che voi ve ne state con le mogli sui letti di lana, schernitori di noi carne umana, questa guerra ci insegna a punir.

Voi chiamate il campo d’onore questa terra di là dei confini; qui si muore gridando: assassini! maledetti sarete un dì.”

Poi ci sono gli altri.

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Altare della Patria, Pexels

e gli altri?

Quelli che sino a pochi mesi fa hanno approvato l’invio di armi, che hanno fatto scattare sanzioni economiche senza preoccuparsi delle conseguenze.

Quelli che sino a poche settimane fa, a Parlamento sciolto ed operante per gli affari correnti, hanno votato all’unanimità finanziamenti di miliardi per acquistare armamenti per le Forze Armate Italiane (e basta leggersi qualche resoconto parlamentare per trovare nomi, cognomi ed appartenenza al gruppo parlamentare).

Hanno avviato una critica, dolorosa ma necessaria, sulle loro scelte passate? Naaaa, puntano sulla scarsità di memoria dei loro interlocutori, e quindi eccoli ad indire manifestazioni (senza simboli di partito, per carità).

Il loro problema è che non hanno tenuto e non tengono conto del dilemma di Tacito: i governati ritengono che il governante menta o faccia cattive azioni qualunque cosa egli dica o faccia, perché manca di credibilità.

E la credibilità in questo caso la si riacquista ad una condizione: dichiarare di aver sbagliato.

Veniamo al dunque.

noi, invece, cosa possiamo fare?

Molti di voi domandavate: ma non si fanno più manifestazioni per la pace e contro questa guerra?

Ebbene nelle prossime settimane avremo solo l’imbarazzo della scelta, in quanto a manifestazioni.

Manifestazioni per chiedere cosa? C’è un “minimo sindacale” su cui rimanere ben saldi:

  1. Immediato stop ai combattimenti;
  2. Avvio di una conferenza di pace sotto egida ONU;
  3. Diminuzione delle spese militari convenzionali nel nostro paese;
  4. Bando delle armi nucleari, ad iniziare da quelle presenti sul territorio italiano.

Valuteremo, e a ognuno di voi valutare, quale iniziativa si rifarà a questi contenuti.

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Manifestazione per la pace, Unsplash

alle manifestazioni devono seguire azioni concrete

Ma, e qui la chiudiamo, teniamo bene a mente che una manifestazione è forse liberatoria, ma rimane comunque un modo come un altro per far conoscere le nostre opinioni.

E sono le azioni conseguenti alle nostre opinioni a cambiare la realtà, in caso contrario è solo un “bel parlare”.

I mezzi in fin dei conti sono tutto: se affermiamo che la guerra non è il mezzo che vogliamo, dobbiamo concretamente costruire quella alternativa che viene chiamata nonviolenza, etica o pragmatica che sia.

Il diritto alla difesa di un popolo aggredito è fuori discussione. Ma come attuare una difesa efficace e che salvi la vita oltre che i valori di libertà, democrazia, e le infrastrutture stesse di un paese, è la risposta che la nonviolenza deve dare e che noi dobbiamo concretamente costruire.

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AVOLON
Associazione Volontari & Obiettori Nonviolenti

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